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Giornata del rifugiato? Nulla da festeggiare

Corteo dei migranti di Sicignano a Salerno, luglio 2016

Nelle strutture di accoglienza della provincia di Salerno sono presenti circa 3000 persone. Nel 2015, solo al 18,8% dei/delle richiedenti asilo è stata riconosciuta una forma di protezione (status di rifugiato, protezione umanitaria o sussidiaria) da parte della Commissione che ha sede a Salerno. Nel 2016, circa al 25%. La commissione di Salerno è una delle più severe a livello nazionale.

Dopo due/tre anni di permanenza in pessimi centri di accoglienza, in attesa di una risposta, svolgendo lavori gratuiti per i Comuni e lavori sottopagati nelle campagne, la maggioranza delle persone “accolte” viene sbattuta per strada, senza documenti, senza risorse, senza punti di riferimento, alla mercè dello sfruttamento più selvaggio, con la paura costante dei controlli delle forze dell’ordine che possono recluderle in un CIE/CPR e deportarle.

Contro tutto questo le persone migranti segregate nel limbo degli SPRAR e dei CAS in provincia di Salerno hanno protestato occupando i centri, scendendo in strada, facendo presìdi e cortei, chiedendo risposte alle autorità, a Palinuro, Sicignano, Battipaglia, Sarno, Salerno, Capaccio, Eboli, Roscigno, Polla, Caggiano, Orria etc.; hanno lottato, da sole, e pagato la ricerca di una vita migliore a caro prezzo, con minacce, denunce, trattamenti sanitari obbligatori, espulsione dai centri di accoglienza, carcere. Centinaia e centinaia di persone sono state costrette a vivere ai margini, nascoste, a essere sfruttate per pochi euro al giorno, a dormire per strada o in alloggi di fortuna.

La più recente protesta è avvenuta proprio l’altro ieri 19 giugno, a Sicignano, dove da anni vanno avanti le mobilitazioni dei migranti: “Sono 67 gli stranieri ospitati nel centro di Varamanna, nella frazione Galdo, provenienti in massima parte da Niger, Senegal e Pakistan. La struttura dove alloggiano è un container ex cantiere della A3 e si trova in una zona isolata, distante dal centro e dalle fermate dei bus. ‘Non possiamo dialogare con gli abitanti, non possiamo imparare la lingua’ dicono, esponendo un cartello con la scritta ‘Campo is not good’ [i centri di accoglienza sono chiamati “campi” dai migranti]. I migranti hanno chiuso i cancelli del centro ed è stato necessario l’intervento dei carabinieri e degli operatori della struttura per sedare gli animi.”

Lo scorso anno un folto gruppo dei 300 migranti che vivono a Sicignano aveva raggiunto Salerno per fare un corteo dalla Stazione alla Prefettura, descrivendo così le loro condizioni di vita: “Siamo qui da due anni, non abbiamo avuto i nostri documenti, nessuno sa cosa succede, ognuno di noi ha fatto ricorso almeno due volte. Nel campo dove siamo, tre persone hanno avuto incidenti, uno è morto, nessuno sa cosa è successo, un altro ha perso i denti, un altro è ancora in ospedale, siamo stanchi, vogliamo aiuto, vogliamo sapere se possiamo avere i nostri documenti o no. Persone vengono al centro per prendere il nostro lavoro, 5 euro al giorno, per tutta la giornata, perché con il solo permesso di 6 mesi e senza documenti nessuno vuole prenderci al lavoro. La prefettura non ha detto niente, da due anni stiamo aspettando”


Questi sono solo alcuni degli aspetti estremamente problematici del sistema di “accoglienza” messo in piedi dallo stato italiano nell’ambito della chiusura delle frontiere della “fortezza Europa”. È fondamentale schierarsi dalla parte delle rivendicazioni dei/delle migranti e disertare questo sistema che non consente alle persone di potersi muovere liberamente, soddisfare i propri bisogni e realizzare i propri desideri.

C’è poco da analizzare o dibattere: o riusciamo ad affiancarci alle loro lotte quotidiane per la libertà di movimento e per documenti per tutt*, e costruiamo allenze per rivendicare case, lavoro/reddito, servizi pubblici per tutti e tutte, senza distinzioni di provenienza, o ci limitiamo all’indifferenza o a contribuire a questo sistema di gestione della vita delle persone che produce apartheid ed emarginazione, gettandoci tutt* nella barbarie.